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al testo di Adielle
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L' oscenità con cui mostra le sue ossa la mia storia è uno scheletro nell'armadio che pratica la danza della pioggia sui tizzoni ardenti e col cuore in fiamme, a patto che il soffitto non sia un cielo stellato, d' attraversare tutto d' un fiato, ad ali spiegate ma la conseguenza di una propria opinione non proprio affidabile sintassi di una regola astrale di proporzioni più grandi e più distante, tanto da sottovalutare la questione ad un peccato veniale, di cornice allo specchio desunto lo spazio come discrimine ad inerzia del tavolo prese due sedie, firmato il contratto: nessun animale verrà sezionato in cerca dell'anima pena la fame, perenne di fama. La risata che accompagna il buon vino sia sempre un inzio di frase accettata con stile. Nonostante la voce roca negli assoli di circostanza siamo sempre usignoli in gabbia in cerca di una tana a forma di vita (si rincorrono i sussidi). Poi lascio che si sciolgano le briglie al mio condominio di modi dire e attraverso l'inguine delle sue labbra per legarle i seni alle mie mani da forno a batteria. La piccola fiamma conquista la sua porzione nel grembiule della mia scrivania il fumo aspirato bene si dissipa prima il contagio dell'aria ha così il suo vizio di forma. Continuo a vivere nel modo che mi tocca senza cercare punti di svolta fa caldo nella stanza che interessi a qualcuno è un fatto da escludere a priori per continuare a scrivere in santa pace. E la memoria che mi aiuta a dimenticare certe figure di merda è solo una terapia che assumo come un'altra credendo poco nell' efficacia del mezzo nella sostanza complessa che doni a noi la falce. La perizia di poter essere noi stessi, a scanso di colpi di grazia i reduci della guerra che vogliono farci combattere può essere l'unico modo di conservare memoria dei fatti. Oppure distratti. Da un punto e a capo, luogotenente del caso.
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